Il 2013 non poteva cominciare peggio. Uno sbarco di immigrati sulla costa tra Capo Granitola e Tre Fontane è finito in tragedia. Decine di tunisini sono stati costretti a raggiungere la riva a nuoto, ma non tutti ce l’hanno fatta. Quelli che, dopo l’arresto, sono stati identificati come scafisti hanno gettato in mare il loro carico umano per non perdere tempo e agevolarsi la fuga. Il mare ha già restituito un corpo, e potrebbe non essere il solo. Altri immigrati ammazzati dalle leggi e dalla mafia che specula su queste leggi.
Non è la prima volta che succede, perché è così che funziona. Molte volte, prima di abbandonare i barconi per squagliarsela con altri mezzi, gli scafisti mettono il timone in mano a uno dei “passeggeri” e gli augurano buona fortuna. Spesso gli immigrati ammassati su queste bagnarole non sanno nemmeno nuotare, perché è la prima volta che vedono il mare in vita loro. In altre occasioni, per alleggerire i barconi, gli scafisti non esitano a buttare in acqua i migranti. Moltissimi sono morti così, seppelliti in questo cimitero che è diventato il Canale di Sicilia.
Inutile ribadire (o forse non basta mai) che se non ci fossero le frontiere e le leggi che rendono impossibile la libera e sicura circolazione degli individui, tutte queste tragedie non avrebbero luogo. Ecco perché la responsabilità politica ricade, ogni volta, sugli stati e i governi. Tutta questa repressione non può che favorire gli interessi criminali, italiani e stranieri, che nell’immigrazione hanno trovato una nuova fonte di lucro e di speculazione.
La tragedia di Tre Fontane conferma, nella maniera più sinistra, quanto sia urgente e attuale la lotta contro il razzismo, contro questo modo di gestire i flussi migratori, contro la repressione che annienta i diritti e la libertà.
Solo pochi giorni prima, il 28 dicembre, una piccola ma significativa manifestazione antirazzista aveva attraversato le strade della città di Trapani per ricordare i sei immigrati morti dentro il centro di trattenimento “Serraino Vulpitta”.
Chi si è chiesto a cosa potesse servire un’iniziativa di questo tipo, dopo ben tredici anni da quei fatti, ha avuto – purtroppo – una risposta stridente nel drammatico sbarco di Capodanno: di immigrazione si continua a morire.
Gruppo Anarchico “Andrea Salsedo” – Trapani
04/01/2013